Scarti della lavorazione di marmo e pietre: l'obiettivo è che non siano più un rifiuto ma un sottoprodotto
C'è sconcerto tra i lapidei di Confindustria Toscana Nord per la mancanza di consapevolezza che emerge dal dibattito sul possibile utilizzo di una parte degli scarti di lavorazione del marmo e delle pietre. Di fronte alle prospettive del loro riutilizzo su siti da riqualificare si sono levate voci contrarie a quello che è stato visto come uno stoccaggio di rifiuti. In realtà la direzione di marcia è quella opposta: fare in modo che, con significative modifiche nelle varie fasi di lavorazione, gli scarti si configurino non come rifiuti ma come sottoprodotti, in quanto tali perfettamente utilizzabili per interventi di riqualificazione ambientale come il riempimento di cave di prestito, di siti dismessi o degradati oppure per sostituire l'argilla nell'impermeabilizzazione dei capping di discariche e nella riqualificazione degli argini dei fiumi. Modificando a monte i cicli - naturalmente da parte delle imprese che sono disponibili e in grado di farlo - si va quindi a generare uno scarto immediatamente riutilizzabile che non ha niente a che fare né con i rifiuti gestiti da Venator né tantomeno col keu che davvero non ha alcuna attinenza.